Sono rientrato da poco da un giro di qualche giorno lontano da Kathmandu. Sabato scorso autobus per Pokhara, la seconda città del Nepal, dopo un viaggio di 10 ore (per soli 200 km!) molto stancante, ma comunque bello per il paesaggio.
La maggior parte degli occidentali (ma anche i benestanti nepalesi) si muove tra città e città con autobus turistici, che sono ridotti meno peggio di quelli locali, più sicuri, e a volte hanno qualche comfort in più. Sono anche più cari ma sempre alla portata delle mie tasche: 750 rupie, intorno ai 5 euro.
Gli autobus locali invece sono un vero spasso: non si capisce se abbiano gli ammortizzatori potenziati o semplicemente scarichi, visto che ad ogni buca sembra di essere cascati su un materasso gonfiabile. E poi ci sono quelli che viaggiano sul tetto, e ancora i ragazzini che restano aggrappati alla porta del bus con una mano, mentre con l’altra e col corpo sono fuori per segnalare all’autista eventuali pericoli in strada. Mi sa che dovrò fargli qualche foto che renda meglio.
Pokhara, specie in questo periodo, ha poco da offrire. Non è la classica città nepalese, non ha i templi di Kathmandu né luoghi di particolare interesse storico. E’ però il centro da cui partono molti trekking verso la regione dell’Annapurna, le cui montagne fanno da cornice al lago Fewa Tal, lungo la cui sponda orientale sorge il quartiere turistico di Pokhara.
Purtroppo durante la stagione delle piogge il cielo è ancora coperto e le vette innevate si possono solo immaginare. Al netto di qualche minuto fortunato di cielo un po’ sgombro di nuvole che lascia intravedere giusto un piccolo ritaglio di Himalaya.
Questa di seguito è la vetta del Macchapucchare, una delle poche montagne inviolate del Nepal poiché considerata sacra.
Da un punto del lago raggiungibile in barca, parte un sentiero che conduce alla World Peace Pagoda, la bianchissima pagoda dedicata alla pace nel mondo costruita da monaci buddisti giapponesi. Dalla collina si gode di una bella vista sulla città.
Una mattina ci siamo anche svegliati alle 4 per raggiungere con l’autista della guesthouse il villaggio di Sarankgot, in montagna, dove con un po’ di fortuna all’alba si riesce ad intravedere lo skyline dell’Himalaya. Eppure niente fortuna nemmeno stavolta, il cielo era troppo coperto, sarà per la prossima.
Altri due giorni li ho trascorsi a Lumbini, una piccola città del Nepal meridionale a pochi chilometri dal confine con l’India. Lumbini è un importante luogo di pellegrinaggio poiché è identificato come il luogo dove la Maya Devi ha messo al mondo Siddartha Gaudama, meglio conosciuto come il Buddha!
A Lumbini è stato quindi costruito un vastissimo complesso di templi, a cui hanno contribuito le comunità buddiste di tutto il mondo: Cambogia, Sri Lanka, Thailandia, Germania e altri oltre ovviamente a India e Nepal.
I templi sono moderni e sfarzosi, e nonostante tutto il rispetto che si deve a un luogo sacro, penso sia veramente stupido (non trovo altri termini) spendere soldi per costruire templi e lasciare al suo destino il resto della città. Lumbini è infatti uno dei luoghi più poveri che abbia mai visitato. Le case sono costruite in fango con una struttura di canne di bambù, i tetti di paglia. Le condizioni igieniche sono precarie, andare a prendere l’acqua alla fonte richiede ai bambini a volte lunghe e faticose passeggiate. Nonostante ciò, la sera davanti a molte di queste case si svolgono balli, danze, giochi, tra adulti e bambini, e l’allegria non manca.
Noi, a guardare questo spettacolo dalla finestra della nostra guesthouse, non possiamo non sentirci degli alieni!
Ah, a Lumbini ho anche incontrato (per puro caso) i francesi che avevo ospitato la settimana scorsa a Kathmandu! Che piacere! Con un po’ di fatica (caldo e umidità pazzesca da queste parti) stanno pedalando verso l’India.